Gli inquinamenti diffusi di Trento Nord e il sequestro di una parte di cantiere nell’areale ferroviario

Questo è il resoconto ragionato nell’ottica dell’opposizione No TAV e aggiornato non oltre il 2.11.2023 – soprattutto ma non solo in ordine cronologico – delle vicende iniziate con il sequestro di una zona dell’areale ferroviario di Trento Nord e proseguite fino alla crisi del progetto della Circonvallazione Ferroviaria di Trento approvato il 18.7.2022

Il 29 luglio la Procura della Repubblica di Trento ha disposto il sequestro preventivo di una parte dell’areale ferroviario di Trento Nord dove si stavano svolgendo lavori preparatori per la sempre più invisa realizzazione della Circonvallazione Ferroviaria di Trento, con attività presumibilmente illegali di escavazione, movimentazione ed allontanamento di terreni contaminati (e non solo di detriti di demolizioni) con autocarri non sigillati.

La porzione del cantiere investita dal provvedimento è una fascia di terreno di quasi un ettaro che comprende i binari della ferrovia del Brennero e il terreno parallelo alla ferrovia Trento-Malè, lunga quasi 300 metri e larga circa 30, a Sud e Nord del Sovrappasso Caduti di Nassiriya, e che va da 100 metri dentro l’area ex Scalo Filzi a poco prima del perimetro delle aree inquinate SIN (cfr. la foto seguente).

Dunque hanno ottenuto ragione i Comitati, le Associazioni e i cittadini che si oppongono alla realizzazione della Circonvallazione Ferroviaria di Trento anche per i gravi pericoli alla salute pubblica e all’ambiente collegati agli interventi nelle aree gravemente inquinate di Trento Nord.

L’esposto denuncia che per loro conto è stato presentato alla Procura il 17 luglio ha avuto dunque un esito molto positivo, comunque determinato soprattutto dalla forte mobilitazione sociale che respinge il progetto.

La decisione di sequestrare parte del cantiere ha fatto seguito all’apertura di un fascicolo in Procura con l’ipotesi di disastro ambientale e inquinamento ambientale e a sopralluoghi dei Carabinieri del NOE insieme a tecnici dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (APPA), che secondo la stampa di inizio agosto hanno accertato – con un sondaggio in un punto circa 10 metri a Nord del Ponte Caduti di Nassiriya – la presenza di sostanze oleose alla profondità di 14-15 metri, probabilmente residui inquinati IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) della ex Carbochimica (per i reati indicati e per la mancata comunicazione di questo rinvenimento entro le 24 ore di legge è indagato il responsabile del progetto per RFI)); a fine ottobre 2023 i risultati delle relative analisi non sono ancora noti e quando lo saranno si valuterà insieme all’APPA se ampliare il piano di indagini.

Sono proseguite e proseguono invece in zona alcune attività secondarie: i lavori superficiali come la bonifica bellica nel perimetro sequestrato e nell’area non sequestrata dell’ex Scalo Filzi (a inizio ottobre il terreno movimentato per questo intervento è risultato libero da inquinamenti e verrà riutilizzato o conferito in discarica); la messa in sicurezza del costone roccioso con il portale Nord della galleria, con dubbi risultati vista la recente frana in zona Fornaci; le demolizioni degli edifici a via Brennero con interventi eseguiti in parte anche di notte, con segnalazione di malesseri di persone e lavoratori disturbati da odori strani e forti (con bruciori a occhi e gola) e da polvere molto densa (il fatto è stato denunciato all’Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro e si inizia a parlare di indennizzi anche da parte della Provincia di Trento); sono ritardate per disaccordo sul prezzo dei risarcimenti un paio di demolizioni e di occupazioni temporanee.

Secondo notizie di stampa (dal 4 agosto in poi) altri scavi illegali e trasporto dei terreni scavati in un deposito sconosciuto (peraltro smentiti da RFI, secondo cui si tratta solo di attività propedeutiche ai monitoraggi soil gas per la sicurezza dei lavoratori) sono avvenuti proprio in una porzione di circa 300 metri quadrati all’interno dell’area SIN ex Carbochimica (a ridosso dell’esercizio Iperceramica) e sono anche oggetto di una seconda denuncia da parte della proprietà dell’area (che tuttavia secondo qualche ipotesi di stampa punterebbe così anche ad evitare diminuzioni del valore dei terreni) per movimentazioni non previste e per mancata comunicazione di accesso. E ci sarebbe anche una documentazione (5 agosto) su una ruspa che lungo i binari nei pressi dell’area ex Carbochimica carica materiale in un container delle FS.

Martedì 1 agosto i Comitati hanno organizzato sulla questione una partecipata conferenza stampa alle 10 e 30 nella sala delle Associazioni Ambientaliste in via Oss Mazzurana a Trento. In questa occasione e nei giorni successivi, in sintesi:

A) hanno richiesto il fermo di tutti lavori in corso in attesa della caratterizzazione ambientale e della bonifica delle aree inquinate (costo presumibile oltre i 200 milioni) nonché la chiusura delle discariche che hanno accolto i terreni allontanati dal cantiere sequestrato;

B) hanno domandato che RFI renda pubblici sia la versione del Piano di Fattibilità Tecnica ed Economica c.d. PLUS (quella posta a base di gara) (poi resa pubblica il 7.10.2023) sia la progettazione esecutiva già conclusa (la c.d. parte A, aggiungendo a questo una formale richiesta di accesso diretta al Comune di Trento e alla stessa RFI (che in quanto SpA partecipata da soggetti pubblici sarebbe per legge tenuta ad adempiere per i documenti inerenti alla sua attività di pubblico interesse);

C) hanno contestato con forza l’immobilismo della Provincia e del Comune di Trento in tutta la vicenda;

D) hanno documentato che nel cantiere per la bonifica del rio Lavisotto si lavora in atmosfera non confinata, con gli operai senza dispositivi di protezione e presumibilmente senza tutte le altre necessarie cautele, con tutti i pericoli che ciò comporta per i lavoratori e per la popolazione (ancora a fine agosto la rimozione delle palanche produce odori sospetti all’intorno);

E) hanno chiesto che il finanziamento dell’intera opera sia direttamente spostato e reinvestito nel disinquinamento dei SIN di Trento Nord, visto che ormai un inevitabile programma di bonifica interno al progetto approvato (programma peraltro per ora privo di copertura finanziaria) richiederebbe tempi non compatibili con quelli imposti dal PNRR e imporrebbe alla città cantieri aperti per molti molti anni.

Nel provvedimento della Procura – convalidato il 2 agosto dal GIP – è previsto che prima di continuare i lavori si eseguano indagini preliminari, un piano di caratterizzazione ambientale (e non semplici caratterizzazioni a rifiuto per individuare la tipologia adeguata di smaltimento) cui si aggiungerebbero in seguito l’analisi di rischio e un progetto di bonifica delle aree interessate.

Ricostruzioni di stampa del 8 ottobre (probabilmente basate sull’atto di convalida del GIP) indicano che il 29 luglio la Procura ha basato la propria decisione non solo e non tanto sull’omissione di comunicazione dei risultati del sondaggio TN1 del 11 luglio poco a Nord del sovrappasso Caduti di Nassiriya quanto sulla volontà di movimentare terreni vicini a siti gravemente inquinati rischiando di aggravare la contaminazione e di pregiudicare la futura bonifica, sull’omissione di altri sondaggi a Sud del TN1, sul mancato rispetto delle richieste di ulteriori analisi, sull’esclusione della necessità della caratterizzazione in area ex Scalo Filzi.

E non è escluso che la Procura estenda la propria indagine anche ai contenuti del Piano di Fattibilità Tecnica ed Economica, versione PLUS, che RFI ha già dovuto consegnare alla Procura e che dal 7 ottobre 2023, grazie al nulla osta della stessa Procura, è nella disponibilità dei Comitati e delle Associazioni contrarie al progetto.

Conseguenze logiche di questo primo atto della Procura potrebbero essere sia la nomina di periti specialisti, sia il sequestro dei registri di entrata-uscita dei camion dal cantiere, sia l’acquisizione delle tracce di geolocalizzazione degli autocarri che hanno trasportato i terreni presumibilmente contaminati sia il sequestro preventivo delle discariche per ora identificate (ampia è la documentazione sul punto) in cui sono stati recapitati sia infine sia l’ampliamento dell’area sequestrata a tutto l’ex Scalo Filzi e ai cantieri a Est di via Brennero come conseguenza dell’estensione delle indagini all’intera area.

L’iniziativa della Procura si è inserita nella ben nota situazione di grave esteso inquinamento da piombo tetraetile e IPA nell’ambito urbano di Trento Nord e – come era da attendersi – ha avviato un percorso di nuovi rilievi e indagini ambientali cui, dopo iniziali forti resistenze, anche RFI ha dovuto aderire. Ma i risultati delle analisi tardano ad arrivare – e tarda quindi il relativo confronto con quelli in possesso dell’APPA – e così il 30 ottobre la magistratura ha deciso di andare a cercarli negli uffici di RFI a Verona, nella sede della ditta di Trento che esegue i carotaggi e nel laboratorio privato di Trento incaricato di esaminare i campioni.. Comunque queste indagini stanno avendo come conseguenza: a) la sostanziale sospensione dei lavori nei cantieri del portale Nord della galleria di circonvallazione; b) una crisi praticamente irreversibile di tutto il progetto sul piano tecnico e sul piano della credibilità.

In questa scheda si trovano informazioni il più possibile aggiornate sulle tipologie di indagini in corso e sui relativi risultati.

E’ emerso insomma in modo sempre più chiaro: che gli inquinamenti dei terreni e delle falde acquifere non riguardano solo le zone dei SIN o del demanio ferroviario (dove sarebbero gravi a dispetto di chi le nega), sono andati molto oltre gli insediamenti industriali da cui si sono originati e sono ben diversificati perché non si limitano al piombo tetraetile e agli IPA; che non ci sarà modo di tenere separate le componenti inquinanti provenienti da ex Carbochimica e da ex SLOI.

Una dimostrazione indiretta della situazione deriva anche dalle difficoltà tecniche e dall’allungamento dell’intervento per la bonifica di una delle tre zone del SIN di Trento Nord, le rogge demaniali; i lavori sul primo lotto del Rio Lavisotto sono sospesi: a) perché il tratto tombinato sottostante al sovrappasso Caduti di Nassiriya non è chiuso verso il letto del corso d’acqua e può provocare infiltrazioni in profondità; b) perché sono state rinvenute scorie catramose provenienti dalla Roggia Primaria di Campotrentino che prima scorre da Nord parallela al Rio Lavisotto e poi vi affluisce all’altezza della rotatoria del sovrappasso Caduti di Nassiriya nei pressi del Supermercato LIDL (la spesa per il primo lotto con 12,6 milioni di Euro a base di gara sarà ampiamente superata); c) perché sarebbe più opportuno bonificare prioritariamente l’ultimo tratto della Roggia Primaria di Campotrentino (su questo specifico  inquinamento, proveniente soprattutto dalla ex Carbochimica, la cui consistenza ed estensione non sono noti, il Comune di Trento nel luglio 2023 aveva impostato un progetto di intervento di cui si sono perse le tracce e su cui la Circoscrizione Centro storico – Piedicastello ha chiesto di recente chiarimenti).

Sulla questione però non mancano equivoci. Sono infondate e fuorvianti le dichiarazioni di qualche politico o di qualche dirigente amministrativo o di RFI secondo cui i cantieri per la Circonvallazione sarebbero una buona occasione per fare le bonifiche. I lavori per la Circonvallazione Ferroviaria e la bonifica dei terreni inquinati (non solo quelli perimetrati come SIN) non sono eseguibili contemporaneamente. Il progetto attuale ostacolerebbe fortemente il successo di una eventuale bonifica integrale, l’unica che interessa la popolazione di Trento. E’ appena il caso di ricordare che l’articolo 242 ter, comma 1, del Codice dell’Ambiente ammette che nei siti oggetto di bonifica (non solo nei SIN) siano attuati interventi finanziati dal PNRR “a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l’esecuzione e il completamento della bonifica, né determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area”. Perciò non ha senso l’ipotesi di una bonifica (quale, come?) circoscritta al demanio ferroviario coinvolto dal tracciato di progetto. E per gli stessi motivi non ha senso la semplice messa in sicurezza delle aree inquinate estese ben oltre il SIN ex SLOI, ex Carbochimica e rogge demaniali.

Una verità sta diventando evidente: gli inquinamenti di Trento Nord interessano una zona ben più estesa della somma delle zone formalmente perimetrate come SIN e questa area contaminata ampia deve diventare oggetto di una campagna di indagini analitiche seriamente orientate ad accertare la situazione reale complessiva.

In proposito, uno studio dei Comitati No TAV, presentato alla stampa in data 8.9.2023, ha riassunto e letto in modo unitario – con riferimento all’insieme delle zone inquinate di Trento Nord e ai soli profili relativi alla tutela dagli inquinamenti e alla bonifica delle aree inquinate – tutte le normative di livello nazionale e provinciale vigenti, tutte le disposizioni stabilite dai piani di settore e dai piani urbanistici della Provincia e del Comune di Trento, tutte le prescrizioni impartite dalla Provincia e dal Comune di Trento al Progetto di Fattibilità della Circonvallazione Ferroviaria. Lo studio è stato integrato da una “Carta delle prescrizioni per le aree inquinate di Trento Nord” che non è una rappresentazione degli inquinamenti (nessuno per ora sa quanto esattamente si sono estesi) ma una rappresentazione delle aree variamente perimetrate in cui valgono insiemi di regole diversi per finalità e contenuti ma tutti inequivocabilmente riconducibili al fatto che esistono inquinamenti di area vasta provenienti principalmente ma non solo dalle zone SIN ex SLOI e ex Carbochimica. Per fare solo degli esempi collegati a previsioni di piano di livello istituzionale provinciale, e connesse perimetrazioni di aree inquinate o potenzialmente inquinate, lo studio mette in luce che dal Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche della Provincia di Trento, dal Piano Regolatore Generale del Comune di Trento e dalle prescrizioni che i due enti ha impartito al Progetto di fattibilità emerge la consapevolezza di Provincia e Comune: a) che gli inquinamenti delle zone SIN si sono diffusi estesamente in ogni direzione; b) che i lavori per la Circonvallazione possono aggravare la situazione con ulteriore diffusione degli inquinanti.

La situazione è a tal punto grave che ormai si fanno strada ipotesi di cambiamento radicale del progetto che in un caso arriverebbe in zona direttamente sul piano di campagna (con un brusco cambiamento delle pendenze in risalita, impossibilità di realizzare la stazione provvisoria, compromissione irrimediabile delle possibilità di bonifica dagli inquinamenti di Trento Nord in contrasto con quanto dispone l’articolo 242-ter comma 1 del c.d. Codice dell’Ambiente), in secondo caso proseguirebbe invece in galleria naturale da sotto Villazzano di Trento verso Nord mancando anche il raccordo con l’Interporto di Trento, in un terzo caso poco credibile per questione di tempi attenderebbe gli interventi di bonifica di tutte le zone contaminate. RFI ovviamente smentisce ogni ipotesi di modifica progettuale. Anche dal Comune di Trento, che minimizza il ritardo dei lavori, arriva l’indicazione che il progetto resta fermo e che caso mai si potrà prevedere una diversa organizzazione delle fasi di lavoro adattando la progettazione esecutiva anche per stralci. All’interno della Provincia le posizioni sono abbastanza diverse, e qualcuno ha pensato a proroghe delle scadenze da richiedere subito; ma il Presidente resta fermo sul proseguimento del progetto senza modifiche e sulla inattualità di qualunque proroga. Anche il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti il 2 ottobre a Trento (prima tappa del suo giro “L’Italia del sì”) ha dichiarato che modifiche progettuali e proroghe non sono in discussione.

Dalla fine di settembre molti esponenti politici, con bell’opportunismo, dichiarano che il problema era evidente da tempo e che bisogna avviare una profonda revisione del progetto. Già all’inizio di agosto, come del resto c’era da aspettarsi, dall’interno di qualche partito qualcuno aveva cominciato a chiedere blocco dei lavori e revisione del progetto, quasi sempre contraddetto dai colleghi. Ma dove stavano questi quando il progetto è stato approvato e poi mandato a gara per l’assegnazione dei lavori? Sui dubbi di metà estate i vertici della Provincia, del Comune, di RFI e dell’ANCE non hanno tardato a porre uno sbarramento netto riaffermando l’importanza dell’opera, la sua centralità anche nell’economia locale e l’impossibilità di modificarne il progetto.

Qualche contrasto si intravede anche tra RFI e il Consorzio Tridentum che ha vinto l’appalto dei lavori, e non solo per quanto attiene a scenari progettuali alternativi. Il Progetto della Circonvallazione posto a base di gara, il c.d. Progetto PLUS, non contiene previsioni sulla situazione degli inquinamenti di Trento Nord né sul costo o sulla competenza dei relativi costi di bonifica.  Se le indagini e il ritrovamento degli inquinanti fossero intervenuti prima dell’apertura dei cantieri – “ante operam” come imporrebbero le prescrizioni al progetto – i costi della bonifica non sarebbero compresi nell’importo dell’appalto. Ma in caso diverso Consorzio, RFI e istituzioni provinciali potrebbe trovarsi impigliati in un enorme contenzioso.

Come già indicato più sopra, la Provincia e il Comune di Trento hanno impartito al PFTE molte prescrizioni in materia di verifica, controllo e monitoraggio continuo sulla diffusione attuale degli inquinamenti tipici delle aree SIN, ma non solo, e sul pericolo di ulteriore diffusione a causa delle opere in programma. Buona parte di queste prescrizioni era da recepire addirittura prima della gara di affidamento dei lavori, e questo recepimento non è avvenuo. Ma buona parte restano anche demandate al progetto esecutivo di competenza dell’appaltatore. Progetto che continua a essere evanescente e che comunque non è ancora integralmente reso pubblico per consentire tutti i riscontri del caso. Da inizio settembre 2023 – fingendo che le opere  non siano irrimediabilmente unitarie – è sempre più evidente la tendenza a parcellizzare questo progetto in numerosi stralci in modo da proseguire per quanto possibile con qualche lavorazione e procrastinare la fase in cui ci si dovrà confrontare con gli inquinamenti diffusi di Trento Nord (è di metà settembre 2023 l’opzione di proseguire con il solo progetto esecutivo di fase A, di cui tra l’altro fanno parte la deviazione di via Brennero, la prima galleria artificiale in prosecuzione della galleria naturale, gli scavi per la stazione provvisoria nell’area ex Scalo Filzi).

Da una prima valutazione del PFTE PLUS – reso pubblico il 7.10.2023 – emerge che non esistono importanti novità rispetto al PFTE approvato, che le prescrizioni impartite al PFTE sono state recepite solo parzialmente e che comunque i problemi delle aree inquinate di Trento Nord non sono stati affrontati seriamente né demandati alla progettazione esecutiva.

Non sono mancate in questa vicenda le solite provocazioni che vorrebbero sviare l’attenzione dalle pesanti criticità di un progetto con l’acqua alla gola, pericoloso, dannoso e inutile perché parte di un disegno infrastrutturale vecchio e sorpassato (la nuova ferrovia Verona-Innsbruck) che non corrisponde neppure agli obiettivi dichiarati. Il 6 agosto il Sindaco di Trento, intervistato dal Corriere del Trentino, ricorda le scritte comparse in città (minacce di morte al Presidente della Provincia affiancate dal simbolo delle BR) e le utilizza per accostamenti surreali: l’opposizione No TAV del Trentino ha al proprio interno componenti che “necessitano di un’attenzione particolare”, dovrebbe scegliere bene i compagni di strada, forse “si accompagna con persone nostalgiche degli anni del terrorismo”, descrive in termini assoluti i danni ambientali prodotti dal progetto e così “può portare qualcuno a trarre delle conclusioni”. E’ lo stesso Sindaco che in una intervista del 11 agosto ancora sostiene di credere che il progetto completato innescherebbe il trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia lungo l’asse del Brennero. Poi a metà agosto l’autore delle scritte è stato individuato in una persona affetta da disturbi psichici.

Come richiede da tempo l’opposizione No TAV del Trentino e dell’Alto Adige, è necessario e urgente chiudere questa vicenda fermandosi ai pesanti danni già provocati ed evitandone altri imminenti e gravissimi: la Circonvallazione Ferroviaria di Trento esca subito dagli interventi finanziati con i fondi del PNRR e il relativo stanziamento sia impiegato per avviare il disinquinamento delle aree SIN di Trento Nord, e dei connessi areali di controllo, utilizzando l’apposito meccanismo di modifica previsto dall’articolo 21 del “REGOLAMENTO (UE) 2021/241 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza”, senza nessuna perdita di risorse finanziarie per l’Italia.

Invece, di fronte agli evidenti ritardi dei lavori e alla conclamata impossibilità che siano conclusi entro la metà del 2026, Provincia di Trento e Comune di Trento non prendono decisioni e sembrano accettare il rischio di una città imprigionata per anni da cantieri fermi ma non rimossi.

Di per sé il definanziamento dal  PNRR non ci delude affatto, così come qualunque ostacolo che si frapponga alla realizzazione di questa opera devastante e inutile. Ma non si può tacere che ritardare lo spostamento delle risorse del PNRR sull’obiettivo appena indicato, domandare proroghe e confermare la volontà di proseguire i lavori significa soltanto scegliere che i relativi costi siano portati tutti a carico dei bilanci pubblici italiani visto che molto difficilmente la UE ammetterà slittamenti di qualsiasi genere e per qualsiasi motivazione.